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Vista aerea della foresta

Dal PUN ai prezzi zonali

Le novità del mercato elettrico

Quando in questi mesi si parla di energia, uno degli argomenti più discussi in Italia è il passaggio dal PUN ai prezzi zonali. Ma cosa significa davvero abbandonare il sistema del Prezzo Unico Nazionale? Quali sono le motivazioni dietro a questa decisione? Soprattutto, quali saranno le conseguenze e come si potranno affrontare?

Cerchiamo di dare una risposta a tutte queste domande.


Differenze di calcolo tra PUN e prezzi zonali

Per avere le idee più chiare, è necessario spiegare che alla base del prezzo dell’energia all’ingrosso ci sono le negoziazioni che avvengono presso il Mercato del Giorno Prima (MGP), un luogo dove le offerte di acquisto e di vendita dell’energia elettrica si incontrano.

Non si deve pensare al MGP come ai mercati a contrattazione continua della Borsa. Si tratta di un mercato ad asta oraria, in cui il Gestore dei Mercati Energetici (GME) ha funzione di controparte centrale che accetta le offerte di vendita e di acquisto effettuate dagli operatori elettrici. In seguito a un controllo delle offerte ricevute, l’asta si conclude e da essa vengono determinati i prezzi zonali per tutte le fasce orarie della giornata successiva.

Quando si parla di prezzi zonali, quindi, s’intende il prezzo dell’energia all’ingrosso diviso sia per fascia oraria che nelle zone in cui è sezionato il paese. Queste sei zone (Nord, Centro Nord, Centro Sud, Sicilia e Sardegna) sono state determinate sulla base della posizione delle società di generazione e delle congestioni di rete dovute dal fabbisogno energetico. Sono proprio questi ultimi due importanti elementi responsabili della fluttuazione del prezzo dell’energia all’ingrosso.

Il Prezzo Unico Nazionale (PUN) avrebbe dovuto ovviare a questo problema tutelando i consumatori con un prezzo uniforme su tutto il territorio e, al contempo, spingendo i produttori energetici ad aprire impianti in zone in cui l’offerta è minore per trarne una convenienza economica. Il PUN, infatti, viene calcolato dal GME tramite l’utilizzo di un algoritmo che, in termini semplici, determina la media ponderata di tutti i prezzi zonali messi insieme al netto dei pompaggi e degli acquisti di energia delle zone estere.

Sorge naturale chiedersi…


Perché è stato abbandonato il PUN?

Un grosso lato negativo del PUN è che mina la reale percezione del divario tra domanda e offerta energetica per il consumatore finale. Proprio perché il prezzo è unificato a livello nazionale, il consumatore non si rende conto della differenza creata da una maggiore generazione da fonti rinnovabili nei singoli territori.

Nel corso del tempo si è sempre fatto affidamento alle fonti di energia non rinnovabili, in particolare nelle aree in cui il PUN garantiva un maggiore profitto ai distributori di energia a discapito del consumatore finale. Questo ha disincentivato i privati a rivolgersi verso le fonti rinnovabili e l’autoconsumo, oltre che aver rallentato gli investimenti dei produttori energetici, per cui è venuta a mancare la convenienza nel cercare alternative più pulite che richiedono un cambiamento radicale e investimenti.

La mancanza di percezione si traduce, quindi, in una minore efficienza economica ed energetica. Nel contesto della riforma del mercato elettrico europeo, queste criticità devono essere affrontate e superate, motivo per cui l’Italia, in quanto unico paese europeo ad applicare il PUN, ha dovuto adeguarsi al resto d’Europa.   


Come affrontare le conseguenze?

Prima di tutto bisogna cercare di affrontare gli impatti negativi con un occhio al futuro. Mentre è vero che per alcune zone d’Italia questo passaggio determinerà l’aumento del costo dell’energia, sarà anche una spinta per l’intero comparto a mutare il modo in cui si pensa sia alla produzione che al consumo energetico.

Ci si auspica che i prezzi dell’energia saranno influenzati da un aumento della produzione proveniente da fonti rinnovabili, che sono indipendenti da uno dei fattori che ad oggi contribuisce di più alle fluttuazioni di prezzo all’ingrosso: la disponibilità delle fonti energetiche.

Sulla base del rapporto mensile di gennaio 2024 del Terna (la società responsabile della trasmissione dell’energia elettrica in Italia), si evince che la produzione energetica da fonti rinnovabili ha visto un notevole incremento rispetto allo stesso mese del 2023. Questo è un segnale positivo che la produzione energetica sta muovendo buoni passi verso la direzione giusta.

Per quanto concerne le aziende energivore, una buona soluzione per diminuire l’impatto del costo dell’energia è dislocarsi in quelle aree del paese in cui il prezzo all’ingrosso è già più basso, e il rischio di congestioni della rete è minore proprio in conseguenza a una richiesta di energia meno consistente. Un buon esempio è la Sardegna, dove il prezzo zonale della corrente elettrica in passato è stato anche di 0,00 euro per megawattora nello stesso momento in cui i livelli del PUN erano attorno ai 300.

Per i consumatori più classici, invece, ci sono varie opzioni, tra cui la scelta di contratti la cui fornitura provenga al 100% da fonti rinnovabili, che dovrebbe assicurare un prezzo dell’energia meno fluttuanti rispetto al prezzo della produzione che sfrutta i combustibili fossili.

Un’altra soluzione valida per diminuire il costo dell’energia è accedere al servizio per l’autoconsumo diffuso e al contributo del PNRR. Il 23 febbraio sono state approvate le regole operative delle comunità energetiche, definendo i principali requisiti, le modalità di accesso all’incentivo e le spese ammissibili ai fini del contributo. Sarà anche presto disponibile sulla piattaforma del GSE uno strumento volto a simulare la costituzione di una CER, per poter calcolare non solo i costi e i benefici economici dell’investimento, ma anche i tempi di ritorno di quest’ultimo.

 

In conclusione, nel futuro prossimo ci attenderà un periodo di assestamento in cui le fluttuazioni del prezzo dell’energia potrebbero essere più frequenti. Eppure le soluzioni per rimediare a questo inconveniente esistono e mirano a comportamenti più virtuosi e intelligenti da parte di tutti. Se la trasformazione avrà successo, ci attendono non solo un mercato elettrico migliore e più efficiente, ma anche un’Italia più pulita e libera dalla pressione dei prezzi di gas e petrolio.


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