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Vista aerea della foresta
Immagine del redattore3E Studio srl

Aria pulita, una sfida per l'Italia

Strategie nazionali e regionali per migliorare la qualità dell'aria

Come sta affrontando l’Italia la sfida verso il miglioramento della qualità dell’aria?


La mancata attuazione della Direttiva 2008/20/UE

Nel corso degli anni, sono molti i paesi europei che non hanno rispettato con consistenza i valori limiti di sostanze inquinanti nell’ambiente previsti dalla Direttiva europea 2008/50/UE sulla qualità dell’aria. Considerando i dati forniti dall’European Environment Agency, tra gli Stati con la qualità dell’aria peggiore in Europa nel 2023 ci sono Bosnia-Erzegovina, Polonia, Italia e Grecia, tutti stati che hanno superato più volte le soglie.


Il Parlamento Europeo ha approvato ad aprile 2024 la revisione della Direttiva, stabilendo limiti e obiettivi più rigorosi per rispettare gli obiettivi previsti per il 2030, con posticipazione dei termini di un massimo di 10 anni solo per gli Stati che soddisfano specifiche condizioni.


Sebbene sia in Europa che più nello specifico nel nostro paese la qualità dell’aria stia migliorando, i livelli delle emissioni nocive sono ancora troppo alti. L’Italia è, purtroppo, ancora uno degli Stati recidivi quasi si parla di questi record negativi, tanto da esser stata coinvolta in ben tre procedure di infrazione per superamento dei limiti: la causa 2014/2147 per le emissioni di PM10, la causa 2015/2043 per i livelli di NO2, e infine la causa 2020/2299 per i livelli di PM2,5.


Articolo 14 del Decreto Anti Infrazione

È in questo contesto che il Governo Italiano ha incluso nel D.L. 131 del 16 settembre 2024, anche chiamato Decreto Anti Infrazione, un articolo dedicato al miglioramento della qualità dell’aria.  L’articolo 14, infatti, prevede l’elaborazione entro il 31 dicembre 2024 di un nuovo piano d’azione a livello nazionale, con l’istituzione di una cabina di regia presieduta da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri.


Questa cabina, istituita senza oneri a carico dello Stato, sarà composta da membri volontari che rappresentano vari ministeri tra cui MIMIT, MIT, MASAF e MS. Le funzioni di segreteria saranno assicurate in pari misura al Dipartimento per gli Affari Europei della Presidenza del Consiglio e al Dipartimento Energia del MASE.


Il programma di investimento di 500 milioni di euro previsto dall’articolo, è volto alle iniziative di mobilità sostenibile proposte dalle città con più di 50.000 abitanti e dalle città metropolitane, con particolare attenzione alle zone dove il superamento dei limiti d’inquinamento dell’aria sono più frequenti.


La durata di questo programma è di 54 mesi, e la cabina di regia sarà responsabile della gestione dei fondi, del controllo del rispetto dei requisiti, e della comunicazione degli scostamenti rispetto al piano previsto.


Da precisare che il programma si è concentrato soltanto sulla promozione della mobilità sostenibile, rimanendo nella stessa linea di pensiero del D.L. 121 del 2023, che aveva già provato a tamponare la situazione con nuove limitazioni alla circolazione stradale. La scarsità di risultati soddisfacenti dimostra come concentrarsi solo sulla mobilità sostenibile non sia abbastanza.


Secondo i dati raccolti nel 2020 da European Environment Agency (EEA), il traffico urbano è il principale responsabile soltanto delle emissioni di ossidi di azoto e delle sue miscele. Quindi, dei tre parametri superati, non si può ragionevolmente puntare il dito alla mobilità come maggior responsabile, seppure anche le emissioni delle auto abbiano il loro peso.  


Come confermato dai dell’EEA, per tutti e tre gli indicatori per cui l’Italia ha superato i limiti, è il riscaldamento residenziale a fare una buona fetta della differenza. In questo senso influisce la grande quantità di apparecchi tecnologicamente obsoleti che sono ancora presenti sul territorio italiano, oltre che la qualità del combustibile e l’uso errato da parte degli utenti. Abbiamo trattato l’argomento più nel dettaglio in un precedente articolo che vi invitiamo a leggere.


Le limitazioni regionali sugli impianti a biomassa

In assenza di un regolamento nazionale più restringente che tamponi meglio il problema della qualità dell’aria, alcune regioni hanno preso l’iniziativa. Già con il G7 Ambiente avvenuto a Bologna nel giugno 2017, i Presidenti delle Regioni Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna hanno sottoscritto l’Accordo Bacino Padano al fine di instaurare misure congiunte per il miglioramento della qualità dell’aria per l’intera Pianura Padana.


Proprio queste, infatti, sono le Regioni più colpite dal problema dello sforamento dei limiti imposti dalla normativa europea, anche a causa della morfologia del territorio che causa il ristagno dell’aria inquinata, trasformando la Pianura Padana in una delle zone più inquinate d’Europa.  


Anche nel novembre 2019, nel report redatto durante la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, le Regioni hanno ripetuto come la normativa nazionale non è in linea con gli obblighi previsti dalla direttiva 2008/50/CE e i suoi successivi emendamenti. Nello specifico, le Regioni hanno denunciato la mancanza di collaborazione da parte dello Stato, che spesso non ha considerato i Piani Regionali nella redazione delle misure urgenti per il rispetto degli obblighi.


In seguito alla classificazione a “Stelle” per gli impianti a biomassa, le Regioni dell’Accordo Bacino Padano hanno applicato regolamenti più severi che disciplinano l’esercizio e l’installazione degli impianti a biomassa legnosa. Con il tempo, hanno implementato misure simili anche la Provincia Autonoma di Trento e le Regioni Toscana, Marche, Campania e Sardegna.


Un effetto positivo di questo spostamento della responsabilità è la possibilità di applicare limiti e regolamenti differenti in base alla necessità della Regione stessa. La conseguenza negativa è, purtroppo, una certa quantità di confusione per i consumatori. Una soluzione a questa problematica è stata la redazione da parte dell’AIEL (Associazione Italiana Energie Agroforestale) di una Guida ai regolamenti regionali per l’esercizio e l’installazione di impianti termici a biomassa.


Questo documento, fortemente voluto dagli operatori di filiera e realizzato con la collaborazione delle Regioni e del MASE, indica prima di tutto il numero di stelle che devono possedere gli impianti, siano essi di nuova installazione o in sostituzione di impianti già esistente.


Segnalate, inoltre, le limitazioni di utilizzo degli impianti di riscaldamento in base alle stelle durante i periodi in cui la Regione interessata è in allerta per l’inquinamento dell’aria o, più in generale, nelle aree in cui è stato segnalato il superamento dei livelli di emissioni.


A tal proposito, ricordiamo che dal 15 ottobre 2024 per la Regione Lombardia saranno implementati i nuovi limiti sia di installazione che di utilizzo, che prevedono:


·         il divieto di utilizzo di impianti di riscaldamento civile inferiore alle 3 stelle;

·         per gli impianti realizzati sopra i 300m sul livello del mare, obbligo di 4 stelle e PP inferiori o uguali a 20 mg/Nm3;

·         per gli impianti realizzati sotto i 300m sul livello del mare, obbligo di 4 stelle, PP inferiori o uguali a 15 mg/Nm3 e COT inferiori o uguali a 35 mg/Nm3.

 

In conclusione, la normativa nazionale, allora come oggi, mantiene una linea di azione che sembra ignorare l’analisi delle Regioni su quali siano le criticità da affrontare, lasciando questa responsabilità alle Regioni stesse. Tuttavia, questa collaborazione tra MASE e Regioni sembra quasi un’ammissione delle istituzioni nazionali dell’utilità delle azioni messe in atto nel corso degli anni.


Speriamo, quindi, di vedere presto nuove misure a livello nazionale che indichino una linea di azione comune che affianchi l’azione delle Regioni verso il miglioramento della qualità dell’aria su tutto il territorio.


Per maggiori informazioni o per una prima consulenza, compila il FORM oppure scrivici all'indirizzo mail info@3estudio.eu.

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